Separazione delle carriere nella magistratura

In occasione della presentazione dell’opera “Meglio Separate” del Dott. Gaetano Bono, sostituto procuratore di Caltanissetta, ho aperto con piacere questa “tavola rotonda”, certo del fatto che un approfondimento sul tema è sempre proficuo, costruttivo e chiarificatore anche grazie alla partecipazione nel dibattito di componenti del CSM e dell’Unione Camere Penali italiane.

Ho voluto aprire questo convegno con le parole del Giudice Giovanni Falcone, per rappresentare l’esigenza che, iniziare una seria discussione sulla separazione delle carriere, e quindi muoversi verso questa direttrice, può essere una grande opportunità di modernizzazione della magistratura e soprattutto del pubblico ministero, salvaguardandone l’autonomia dall’esecutivo e l’indipendenza sancita nella carta costituente.

Giovanni Falcone scriveva, così come riporta anche Bono nel libro: << La regolamentazione delle funzioni e della stessa carriera dei magistrati del pubblico ministero non può più essere identica a quella dei magistrati giudicanti. Continuare a considerare la magistratura unitariamente, equivale paradossalmente a garantire meno la stessa indipendenza e autonomia della magistratura, costituzionalmente garantita sia per gli organi requirenti che per gli organi giudicanti>>.

Questa linea è comune a quella perseguita anche dal Dott. Bono quando, a pagina 91, utilizzando una metafora, scrive un concetto basilare ed indispensabile per approcciarsi alla materia: “…si può dire che il magistrato dovrebbe limitarsi a suonare lo spartito, non a scriverlo: e, certamente, lo può interpretare, ma senza spingersi al punto di comporre una nuova sinfonia.”.

Sono convinto che questo concetto possa essere spunto per questo tavolo di confronto, cercando di focalizzare, grazie agli interventi che si succederanno, l’attenzione sul fatto che, un tema così preminente che riguarda il sistema giustizia, inteso come “bene comune e al servizio di tutti i cittadini”, meriti un approccio non preconcetto, non ideologico, ma disponibile al confronto e che miri ad un inveramento dello Stato di diritto e ad un sistema giuridico di una società, come quella italiana, che guarda alla modernità e al futuro.

Attenzione, oggi, dopo trent’anni di discussione sulla separazione delle carriere si intravede questa possibilità, che può essere un’opportunità concreta per il sistema giuridico e per quello della nazione.

Inoltre, mi ha colpito anche del libro di Gaetano Bono “Meglio Separate”, quelli che sono i “miti da sfatare”, ovvero quell’assunto secondo cui la separazione sarebbe un rischio per la democrazia, perché verrebbe stravolto, in senso negativo, l’assetto della Costituzione, e inoltre assoggetterebbe il PM al potere politico, trasformandolo in un “super poliziotto”, svilendo la cultura della giurisdizione, principio basilare, e farebbe inoltre sorgere il problema di un appiattimento del Giudice sulle tesi del PM.

Ma, secondo Bono, questo non è vero, infatti, queste tesi sono smentite dall’autore che ribadisce come una vera riforma della giustizia, che non contempli in maniera asettica solo la separazione delle carriere, possa invece modernizzare il sistema giuridico ed offrire maggiori tutele per i cittadini, ampliando la garanzia giurisdizionale.

Secondo Gaetano Bono, infatti, e mi sento di condividere la sua tesi, una effettiva indipendenza del PM, dovrebbe contemplare, intervenendo sulla Costituzione, ad una parificazione tra giudice e pubblico ministero, prevedendo una adeguata specializzazione professionale, sia nella fase del reclutamento sia nella fase del tirocinio e ciò aumenterebbe non solo le specifiche tecniche della parte requirente, ma   rafforzerebbe anche l’autonomia e la terzietà del giudice. Necessario contemplare, altresì, come scrive Gaetano Bono, un riassetto organizzativo e di accorpamento delle procure, la riduzione del flusso in entrata dei procedimenti civili e penali, la digitalizzazione e la conseguente riduzione dei processi. Tutti questi aspetti permetterebbero di rendere il sistema giustizia più efficiente e più giusto per i cittadini.

Sottolineo anche e ripeto testualmente che secondo Gaetano Bono ”sarebbe un vero peccato rinunciare all’opportunità di fare una separazione delle carriere che darebbe completa attuazione al disegno costituzionale che vede la magistratura come potere diffuso. Se nessuno dubita che questo valga per i giudici, lo stesso non può dirsi per i pubblici ministeri. E allora ben venga una riforma che lo stabilisca in maniera netta, perché una magistratura requirente autonoma e indipendente rende tale anche la magistratura giudicante, perché sono i pubblici ministeri che danno avvio e impulso ai processi, con la conseguenza che i giudici non potrebbero concretamente esercitare quel potere diffuso che l’ordinamento riconosce loro, se non ci fosse l’iniziativa dei pubblici ministeri”.

A mio giudizio, ora, noi come legislatori abbiamo il dovere di intervenire per correggere le distorsioni e le criticità che talvolta la macchina della giustizia produce al fine di garantire i cittadini e i valori della Costituzione. Lavoreremo affinchè si arrivi ad una riforma più che mai condivisa da tutte le forze politiche, mantenendo costruttivo, collaborativo e proficuo l’interlocuzione con il CSM, il CNF (Consiglio nazionale forense) e l’Avvocatura, per riformulare l’intero comparto giustizia.

Una sfida, questa, importante che può essere vinta, condividendo la nuova e la vecchia concezione della cultura della giustizia che appartiene alla nostra tradizione, partendo da due principi, quello dell’essere garantisti e dal principio di non colpevolezza, aspetti fondanti per costruire una riforma seria della giustizia.

QUI la mia intervista a margine del convegno.

Torna in alto